Molti di voi hanno letto il nostro post precedente, dove prendevamo una posizione sul fatto che se l’Italia è fatta di PMI e imprese individuali, di liberi professionisti e di lavoratori unconventional, proprio queste sono le imprese che hanno più problemi. Dobbiamo aver toccato un nervo scoperto, perché sono arrivati un sacco di commenti, ci avete raccontato quali sono i vostri problemi.
Ne siamo contenti, iniziare a parlarne è un buon modo per cercare di fare qualcosa.
E la gamma di problematiche che ci avete raccontato è davvero ampia. C’è chi spara a zero sulla qualità delle persone che lavorano nelle PMI: mentalità ristretta, scarso spirito imprenditoriale e di intraprendenza, scarsa formazione e basso profilo (mentre là fuori – ed è triste – ci sono migliaia di persone giovani o meno giovani ma in gamba, preparate e pronte a scendere in campo con grinta). Di quelli che pensano solo a portare in qualche modo la pagnotta a casa senza rischiare, contribuendo poco o nulla alla salute e alla crescita dell’azienda.
Abbiamo visto il nemico. E il nemico siamo noi
Ci si lamenta che non ci si sa gestire, che in “alto” non si sa organizzare chi lavora “sotto”. Che c’è scarsa visione, che manca managerialità. Che c’è immobilismo, che parte dall’alto e si radica in basso.
In qualche modo che i primi nemici siamo noi stessi.
C’è chi suggerisce, in modo correlato che uno dei problemi grossi è la mancanza di formazione, sia tecnica che manageriale. Ad esempio su come si gestisce un’azienda, come si fa un business plan, cosa accidenti sia il marketing, cosa si possa davvero fare con Internet (o almeno perché diavolo è importante per un’azienda, oggi). O cosa sia una strategia di business, che non è tirare avanti giorno per giorno sperando che il cielo ce la mandi buona, continuando a fare quello che abbiamo sempre fatto e siamo più o meno capaci di fare. Finché dura.
Però anche quello che c’è fuori non aiuta per niente. Non c’è aiuto alle aziende e alle persone per crescere culturalmente. Per arrivare a pensare più alto e più intelligentemente – che è il vero fattore competitivo che ci resta. Anzi, c’è una burocrazia e una complicazione che ci soffoca. E questo già lo sapevamo perché lo sperimentiamo tutti, tutti i giorni. E ancora più soffocati siamo dall’accesso al credito, dalla scarsità di liquidità in assenza di santi in paradiso, complicata da pagamenti che sono talvolta dei miracoli più che degli atti dovuti nei tempi giusti. Ma questi sono vostri commenti che ci hanno ovviamente sorpreso di meno.
Potremmo continuare con la scarsa confidenza con la tecnologia, con la diffidenza per l’innovazione o il non avere idea di cosa sia davvero e come la si possa ottenere. E ancora e ancora. C’è perfino da meravigliarsi che con tutto quello che ci avete raccontato le aziende riescano ancora a stare in piedi – ma evidentemente c’è un qualcosa di imponderabile che dà alle nostre aziende un qualcosa che comunque ci aiuta a superare molti ostacoli (ma non tutti) – anche se potrebbe essere molto più facile facendo le cose giuste e avendo un minimo di supporto.
Vi ci riconoscete? Abbiamo raccolto un campione rappresentativo? Non vogliamo chiudere qui questa discussione su quelli che sono gli ostacoli che ci pongono. E quelli che ci poniamo da lì.
È peggio quel che arriva da fuori o quello che ci creiamo da dentro?