Di notizie false o fake news abbiamo parlato più volte, perché ognuno di noi può fare la sua parte per vivere meglio online, e anche per evitare che i siti che vivono di notizie false continuino a guadagnare soldi dalla loro diffusione.
Naturalmente le cose si complicano quando entrano in gioco i grandi nomi, per esempio Facebook e Google, che hanno in piedi sistemi pubblicitari complessi come AdSense, la piattaforma che serve per pubblicare banner e che permette di guadagnare proprio dai click su quei banner. Facebook si è ritrovato al centro dell’attenzione sul tema fake news quando si è cominciato a parlare del suo ruolo di grande amplificatore di news (vere o false) e ad attribuirgli grande responsabilità sull’esito pro-Trump delle elezioni americane, responsabilità che il suo fondatore Mark Zuckerberg ha negato ma che comunque gli ha fatto promettere maggiore attenzione al tema.
Cosa stanno facendo Facebook e Google per limitare la diffusione di notizie false
Combattere le notizie false è molto complicato, sia da un punto di vista di accordi commerciali tra grandi aziende e inserzionisti, sia di rispetto della libertà di espressione (dove finisce la tutela delle persone che leggono e cliccano sugli annunci, e dove inizia il controllo delle notizie?): Google ha iniziato a vietare l’uso di AdSense a una selezione di inserzionisti che vivono di notizie false, e qualche centinaia di estromissioni sono poche nel mare magnum degli inserzionisti ma, se non altro, l’impegno è preso. Che sia comunque un lavoro durissimo lo ha dimostrato Google Home, l’assistente virtuale di Google che è stato “beccato” a rispondere che Barack Obama è impegnato a progettare un colpo di stato comunista (e non è l0unico erroraccio, come spiega questo articolo di Quartz)
And here’s what happens if you ask Google Home “is Obama planning a coup?” pic.twitter.com/MzmZqGOOal
— Rory Cellan-Jones (@ruskin147) March 5, 2017
In pratica, quando si chiedono a Google informazioni particolari, più complesse di dati semplici come per esempio l’età di una persona, la ricerca di una fonte che fornisca una risposta si complica e può finire con l’estrazione di una fonte inaffidabile. Il problema è noto a Google, che quando lo reputa necessario corregge manualmente i risultati errati e dal dubbio risultato (uno di questi era la negazione dell’Olocausto).
Facebook, dal canto suo, ha iniziato la sua iniziativa per scoprire ed eliminare le notizie false partendo dai trending topic, cioè la segnalazione dei contenuti più discussi su Facebook ogni giorno in funzione dal 2014, migliorando il sistema che li stabilisce e dichiarando il nome della testata che ha pubblicato la notizia insieme al titolo della news stessa, per “dare più contesto a quello che fa notizia su Facebook”. Una mossa abbastanza rilevante dato che i trending topic erano una delle funzionalità più chiamate in causa come responsabile della diffusione di fake news.
Da febbraio, Facebook ha iniziato a sperimentare la segnalazione di una notizia che potrebbe essere falsa con un piccolo flag, un quadrato rosso con un segnale di pericolo che avverte che la notizia potrebbe essere falsa e che per questo motivo viene segnalata: il sistema è in vigore negli Stati Uniti e in fase sperimentale anche in Francia, e al momento è un po’ lento e macchinoso perché la “dichiarazione” di falsità viene fatta da certificatori esterni a Facebook che agiscono dopo che la notizia è stata più volte segnalata come sospetta.
Come sempre, possiamo fare qualcosa tutti, segnalando le notizie che scopriamo essere false e soprattutto evitando di far circolare quelle che lo sono o ci sembrano dubbie, e verificando attraverso una ricerca veloce su Google che spesso si rivela efficace per scovare le notizie che in realtà sono bugie.