Ehiweb indaga: Internet e i regimi dittatoriali nel mondo

Yemen, Iran, Tunisia, Egitto, Libia, Siria: a cosa ricollegate questi paesi? Sicuramente alle grandi rivolte popolari che i media hanno documentato negli ultimi anni.

Grazie al coraggio di tante ragazze e ragazzi, abbiamo conosciuto meglio le vicende di questi paesi, delle tante persone che hanno scelto coraggiosamente di ribellarsi a regimi autoritari per reclamare diritti fondamentali.

Parliamo di popoli fieri, che da sempre hanno la forza di alzare la testa e ribellarsi, fino a sacrificare la propria vita per la libertà. Abbiamo visto riempire piazze enormi che sono diventate familiari anche per noi, le hanno rese luoghi di aggregazione, dove battersi per la democrazia e sentirsi uniti. Tutti.

Perché ne stiamo parlando?

Perché la primavera araba, che ha coinvolto tanti paesi dal Nord Africa al Medio Oriente, è cresciuta, e ha coinvolto le masse e i mezzi d’informazione, anche grazie a Internet.

Da questi importanti avvenimenti abbiamo avuto la conferma che la rete non è solo un simbolo di libertà, è anche uno strumento per conquistarla.

Noi di Ehiweb ci impegniamo da anni contro il digital divide e sosteniamo il diritto di ognuno ad accedere alla rete, perché siamo mossi dalla forte convinzione che Internet, oltre ad essere una fonte di informazioni ormai indispensabile, insieme ai social network sia anche un mezzo di comunicazione che permette di rivolgersi a un pubblico numerosissimo, abbattendo ogni tipo di barriera geografica e culturale.

Quindi, come potremmo definire Internet se non uno strumento di libertà?

Risulterebbe tutto positivo, se non ci fosse l’altro lato della medaglia: con la diffusione di questo nuovo mezzo di comunicazione di massa, i regimi autoritari si sono interessati al fenomeno solo per averne il controllo.

Questa duplice valenza di Internet ha dato vita a due correnti di pensiero: da una parte ci sono gli ottimisti, convinti che la rete sia un sistema difficilmente filtrabile e vi siano sempre le possibilità di scavalcare le censure dei regimi autoritari, consapevoli dell’importanza rivestita dai social network come strumenti di organizzazione e divulgazione degli eventi; dall’altra ci sono i pessimisti, convinti che le rivolte sarebbero scoppiate anche senza social network, che la rete sia uno strumento facilmente manipolabile da governi e che per ottenere dei solidi cambiamenti si debba rimanere ben ancorati alla realtà.

Voi che ne pensate? Vi sentite più cyber-ottimisti o cyber-utopici?
Pensate alla rete come ad uno strumento di libertà o di oppressione?
Vogliamo conoscere le vostre opinioni!