Si parla sempre più spesso di bot e di come faranno parte della nostra vita. I bot (nome corto per “robot”), sono piccoli programmi pensati per conversare con noi nella maniera più naturale possibile e per eseguire dei comandi semplici o più sofisticati. I bot esistono da tempo ma ora è il loro momento, soprattutto grazie alle app di messaggistica e alle chat online, specie quelle gestite dai grandi social network come Facebook e da realtà come Google: i bot svolgono ruoli che vanno dall’assistente personale al customer care, possono essere l’addetto che prende le ordinazioni per una consegna a domicilio o il commesso che online ci aiuta a scegliere il vestito o le scarpe che fanno per noi, e molto altro ancora.
Qualcosa funziona, più o meno bene, ed è certo che tante grandi aziende stiano scommettendo e lavorando allo sviluppo e al miglioramento dei bot, con l’obiettivo di semplificarci la vita automatizzando parte delle attività di servizio al cliente, migliorando di conseguenza tutta l’esperienza di contatto e acquisto.
Quando parliamo di bot, possiamo distinguerne due tipi: i bot che eseguono dei comandi e hanno funzioni limitate, e quelli che sono in grado di conversare con noi e formulare soluzioni grazie alla loro intelligenza artificiale, quindi in maniera più autonoma. In pratica, i bot più evoluti imparano e si adattano, non offrono solo un range di risposte e opzioni prestabilito e quindi chiuso.
Perché si parla tanto di bot proprio adesso?
Chi usa Telegram come app di messaggistica ha probabilmente già confidenza con i bot, perché Telegram ne ha in abbondanza, nella forma più semplice: la conversazione con un bot si limita a dargli delle istruzioni e a rispondere a domande selezionando tra un set di risposte predefinite.
Ecco qui, per capire meglio, l’esempio di una conversazione con il bot che propone aggiornamenti sulle uscite di Netflix: impostato sugli USA, può essere spostato sulla propria regione di preferenza e poi interrogato con il comando /browse per conoscere le ultime uscite del famoso servizio di streaming tv.
I bot di Telegram sono semplici e Telegram non li gestisce: non c’è una proposta centralizzata né una forma di commercializzazione come potrebbe essere il Play Store di Google, e per individuare quelli più interessanti bisogna affidarsi a risorse esterne come il sito web Telegramitalia che raccoglie i bot divisi per categoria e le valutazioni degli utenti.
Ci sono bot come Best Telegram Stickers che segnala gli stickers, immagini di vario genere da usare nelle conversazioni su Telegram, Spotybot per condividere e cercare canzoni, Tweetitbot per twittare da Telegram e molto, molto altro ancora.
Telegram è un buon punto di partenza per iniziare a familiarizzare con i bot e le loro funzionalità e per intuire quali potranno essere i loro sviluppi: vale la pena installarlo non solo come compagno o sostituto di WhatsApp ma proprio per sbirciare le potenzalità dei bot.
La diffusione dei bot di Telegram ci indirizza anche vero la risposta alla domanda: perché si parla tanto di bot proprio adesso? Due risposte ci fanno capire perché i grandi big del web e del social networking siano così interessati a questi software intelligenti:
- Perché viviamo il web molto di più dallo smartphone che dai pc fermi sulle scrivanie, e le app per le chat sono ideali per le comunicazioni personali e non. Chattare è comodo, ci dà un senso di intimità e ci piace di più rispetto alla piazza pubblica dei social, e magari rispetto a un motore di ricerca: vogliamo informazioni rapide e personalizzate, e questo gioca a favore dei bot
- Infine, perché abbiamo tantissime app sul telefono ma ne usiamo poco più di tre, come ci dicono le statistiche: questo significa per esempio che un gigante come Facebook, attraverso il suo Messenger, ha la capacità di attrarre altre aziende che producono servizi, news e molto altro, e invitarle a fornirli all’interno del Messenger, senza sviluppare app a sé stanti, facendo cosa? Dando vita a un bot, per esempio. Ne abbiamo parlato qualche tempo fa proprio in relazione al futuro di Facebook
Da questo punto di vista, è comprensibile perché anche Google si sia buttato nella mischia con la sua nuova app Allo e il suo Assistant, l’intelligenza artificiale: Allo ha la classica chat con amici e conoscenti, e c’è la possibilità di chiedere aiuto a Google (per ora in inglese), anche a voce, senza impegnare le mani, e avere una risposta personalizzata, a partire dalla posizione geografica per segnalarci quello che abbiamo intorno e ci può servire.
Allora il futuro è dei bot? Niente più app?
Siamo molto lontani dal futuro immaginato da film e libri, quello che ci vede impegnati in conversazioni con i bot così naturali da non essere distinguibili da quelle umane. Le app, come dice un bel pezzo del sito Recode, per il momento sono ancora molto usate e ben lontane dal morire per essere rimpiazzate dai bot, e questo perché le intelligenze artificiali non sono ancora in grado di gestire con efficacia tutto il peso di un’interazione tra esseri umani.
In ogni caso, è bene sapere cosa sta succedendo intorno a noi ed è sicuro che il business dei bot stia facendo molto parlare di sé, per esempio perché per aziende e attività può essere un buon modo di risparmiare tempo (e denaro), delegando ai bot alcune attività che adesso svolgono gli umani e raggiungendoci là dove ci piace molto stare: nello spazio di una conversazione.