Ci occupiamo spesso di lavoro: oltre a raccontare come lavoriamo, chi sono le persone che collaborano con noi e come curiamo i loro percorsi professionali, negli anni abbiamo realizzato anche una serie di interviste con professionisti che si occupano di ambiti diversi e sempre interessanti, per esempio cosa fa una specialista SEO o come una recruiter può insegnare come usare un profilo LinkedIn in modo efficace.
Oggi intervistiamo Laura Magnani, Psicologa del lavoro e libera professionista che sta collaborando anche con noi.
Laura ci ha raccontato il suo lavoro, quale ruolo ha la sua figura nelle organizzazioni aziendali per aiutarle a raggiungere i loro obiettivi, curando il clima aziendale e le relazioni tra persone e come questi aspetti favoriscano la crescita personale e di gruppo.
Ciao Laura, per iniziare ci parli del tuo percorso professionale?
Sono Psicologa del Lavoro e delle Organizzazioni, SoftSkills Trainer e Coach. Durante gli studi universitari mi sono orientata subito su questo indirizzo perché la dimensione che mi interessa di più, per mia propensione personale, è il gruppo: cosa fa stare bene le persone insieme, come le persone sono consapevoli di come stanno all’interno di un gruppo, come agiscono per starci ed essere efficaci e come all’interno di un “buon” gruppo si rende meglio che da soli!
È un interesse che mi accompagna fin dai primi lavoretti estivi: facevo l’animatrice con i bambini e già allora mi interessavano le dinamiche che fanno stare insieme persone che non hanno legami precedenti, come succede proprio nel caso dei bambini che si iscrivono ai classici centri o campi estivi.
La scintilla è partita da lì e dopo la laurea ho continuato a formarmi con corsi di comunicazione, gestione e leadership, sono diventata Coach e poi ho seguito un Master in tre livelli sull’intelligenza emotiva, tutto sempre riferito all’ambito aziendale.
Prima di diventare libera professionista, ho lavorato a lungo in aziende diverse supportando il management e coordinando varie figure sempre in quest’ottica: far “funzionare” le persone all’interno dei gruppi occupandomi principalmente di soft skill.
Dell’importanza delle soft skill si parla da tempo e sempre di più: ci dai una tua definizione?
In breve, le soft skill sono competenze socio-relazionali. Espandendo la definizione, sono competenze trasversali che investono tutta la dimensione della relazione, con gli altri e con se stessi, e quindi anche dell’intelligenza emotiva: quali emozioni una persona prova nella dimensione del gruppo; la sua capacità di riconoscerle e sapere quali emozioni sono funzionali e quali no; come diventarne consapevoli e agire in modo intenzionale, cioè scegliere comportamenti e atteggiamenti utili alla persona stessa e al gruppo; saper gestire i conflitti e farli emergere in modo generativo e rispettoso invece di lasciare che restino latenti.
Le soft skill sono sempre importanti, in particolare quando una persona ha un ruolo di leadership e deve saper comunicare, gestire, coinvolgere le persone. Avere solo ottime competenze tecniche nel proprio lavoro non garantisce di saper essere buoni manager o responsabili: se mancano le soft skill, il riflesso si vede sui risultati che possono non arrivare o essere inferiori a quelli che si potrebbero raggiungere.
Cosa fai quindi come psicologa del lavoro all’interno delle aziende?
Strutturo percorsi che di norma partono dall’analisi approfondita del clima aziendale: da questa misurazione emerge la fotografia dell’esistente, cioè come le persone in quel momento percepiscono il team e come ci si trovano.
Da questa analisi nasce una riflessione con il management dell’azienda per definire gli obiettivi di medio e lungo periodo e quali azioni intraprendere per raggiungerli e se quel clima ne è funzionale: che sia un’azienda che si occupa di marketing o un’azienda produttiva, gli obiettivi ci sono e se sono misurabili anche quelli di clima si ricavano indicazioni sullo stile di leadership adottato, sui suoi effetti e sulla sua utilità.
Le azioni poi possono essere diverse, dal lavoro in piccoli gruppi al coaching psicologico individuale fino agli incontri di formazione: le aziende e le situazioni sono tutte diverse e io modello il mio lavoro sulla base delle esigenze dell’azienda e della realtà che emerge dall’analisi del clima.
Per esempio, nel lavoro con i manager spesso di tratta di trovare insieme un linguaggio comune per lavorare meglio, capire quali azioni e cambiamenti aiuterebbero a raggiungere gli obiettivi stabiliti, imparare a gestire gli errori e capire cosa ricade sotto il proprio controllo e cosa no, per poi valutare gli effetti dei vari cambiamenti individuali e di gruppo.
In altri casi, come nelle piccole e medie imprese a conduzione familiare, spesso i conflitti sono legati ai rapporti personali che poi si ribaltano sul lavoro, oppure sono legati a passaggi generazionali che si complicano per le resistenze alla volontà di innovare dei più giovani: buona parte del lavoro in questi casi è sciogliere il groviglio generato da discussioni accese o addirittura dalla mancanza assoluta di comunicazione, o dalla resistenza al cambiamento, per facilitare la comunicazione e porre nuove basi per il lavoro e la collaborazione quotidiani.
A volte il lavoro prosegue nel tempo, con nuove misurazioni per monitorare gli effetti del lavoro svolto sulle Soft Skills, con nuovi interventi o partecipazione ad alcune riunioni ma con frequenza più dilatata, oppure perché l’azienda si dà nuovi obiettivi e mi chiede di essere presente al suo fianco. In altre occasioni le aziende mettono a frutto il lavoro fatto e poi proseguono in autonomia. Come sempre, dipende dalla singola situazione.
Le aziende come si accorgono di avere necessità di uno psicologo del lavoro?
Dai numeri. Infatti, spesso chi suggerisce di rivolgersi a una figura come la mia è proprio chi i numeri li maneggia, come il commercialista o il consulente del lavoro: sono i professionisti che notano segnali come un turn over molto alto o numeri che non vanno nella direzione prevista, oppure manager che pongono questioni diverse e rivelano una mancanza di visione comune, obiettivi mancati e crescita che ristagna, oppure al contrario perché l’azienda sta crescendo in fretta – succede per esempio alle startup – e si rendono conto che questa crescita impetuosa potrebbe causare difficoltà di gestione.
Queste figure professionali hanno il polso e la sensibilità che spesso porta a consigliare un confronto con un professionista come lo psicologo del lavoro.
A volte succede anche che ci siano imprenditori che non aspettano di avere bisogno ma preferiscono impostare e pianificare un certo clima e cultura in azienda.
Cosa consiglieresti di fare alle aziende, al di fuori delle situazioni in cui un problema è già conclamato?
Di non smettere mai di riflettere sulla propria organizzazione, e quando parlo di organizzazione parlo anche di ambiente di lavoro: io lavoro con aziende piccole, che quasi sempre non hanno un dipartimento dedicato come le risorse umane e quindi è ancora più importante che il management abbia o sviluppi questa consapevolezza.
Per esempio, spesso le aziende considerano solo il lavoratore inteso come figura che ricopre un certo ruolo nell’organizzazione. Ampliare la visione e considerare la persona nella sua interezza significa riuscire a coinvolgerla davvero: a percepire quale significato ha all’interno dell’azienda, a farla sentire felice e orgogliosa dell’ambiente in cui lavora, e a condividere questa soddisfazione all’interno, con i colleghi, e all’esterno.
È così che si trattengono i talenti: creando un ambiente nel quale ogni persona percepisce il suo valore e lo vede riconosciuto.
Come sei arrivata a lavorare con Ehiweb?
Io e Gilberto Di Maccio, il Direttore Commerciale di Ehiweb, facciamo parte di una business community che si incontra dal vivo: Gilberto ha ascoltato un mio intervento e mi ha raccontato di Ehiweb, ha condiviso con i suoi soci l’idea di coinvolgermi e poi ci siamo incontrati per capire come collaborare.
Ehiweb ha fatto proprio quel passo necessario che indicavo prima: andare oltre la percezione, in questo caso di un clima aziendale positivo, dove le persone si sentono coinvolte, per misurare questa percezione che poi l’analisi del clima ha confermato.
La collaborazione proseguirà per migliorare ulteriormente la forza del gruppo: in particolare, sarò a disposizione – come psicologa aziendale – per incontri individuali per chiunque ne senta la necessità.
Cosa ti dà maggiore soddisfazione del tuo lavoro?
Vedere il cambiamento in azione: un risultato che è sempre fonte di grande soddisfazione.
In particolare, ho iniziato anche a lavorare in alcune scuole, dalla scuola dell’infanzia alle scuole medie inferiori. Lavorare con le persone che fanno la scuola, che sono gli adulti di riferimento dei ragazzi, e lavorare con loro su esempi di comportamento da prendere a modello che partono dal riconoscimento delle emozioni che si provano, dando loro un nome, riconoscendone gli effetti e trovando modi efficaci per accoglierle e gestirle è uno dei segni e dei semi che voglio lasciare nel mondo.