Successi planetari, tanti guadagni e, talvolta, l’oblio: sappiamo che online, quello che oggi funziona ed è sulla bocca di tutti potrebbe sparire domani. Se Facebook, tra mille difficoltà di gestione della privacy degli iscritti e fake news, non sembra fare una piega, ci sono altri social network come Twitter, che a volte traballano ma poi resistono e restano sempre molto amati: a fine ottobre 2019, Twitter ha annunciato che non permetterà più di pagare per diffondere messaggi politici, tornando di nuovo a far parlare di sé.
E cinque anni fa? Dieci? Venti? Cosa c’era che sembrava inscalfibile e oggi quasi non ce lo ricordiamo più? Facciamo un piccolo viaggio nella nostra memoria di navigatori del web alla ricerca di ricordi sepolti.
Google Wave e Buzz
Cominciamo da Google per capire come a volte anche i giganti, quelli che sembrano sempre azzeccare tutto, a volte tirano fuori progetti destinati a fallire in grande stile.
Nel 2009 è toccato a Wave, strumento che doveva rivoluzionare la mail dopo quell’invenzione davvero rivoluzionaria chiamata Gmail. Wave nasceva per permettere alle persone di collaborare meglio online e di fare tutto all’interno di un solo ambiente: le email diventavano conversazioni perché i partecipanti a un wave (un wave prendeva il via da una mail), potevano rispondere, correggere, aggiungere quello che volevano, testi ma anche immagini e video.
Wave è durato circa un anno prima di essere abbandonato e da Google hanno spiegato come la vedono loro: provare sempre a lanciare nuovi progetti e imparare da un eventuale fallimento.
Poi nel 2010 è arrivato Buzz, social network basato anch’esso sulle conversazioni all’interno della mail. Qualcuno all’epoca salutò la novità abbandonando Facebook ma anche chi non ha mai sentito parlare di Buzz può immaginare come sia andata a finire (Google lo ha dismesso nel 2011).
Abbiamo citato due prodotti Google abbastanza conosciuti, ma la lista dei prodotti lanciati e poi chiusi è lunghissima: solo per fare alcuni nomi, ricordiamo Google +, Picasa, Google Talk, gli occhiali Google Glass, Google Trips dedicato ai viaggi e Inbox by Gmail, che doveva rivoluzionare le caselle email ed è stato abbandonato nel 2019. Se hai voglia di curiosare oltre, puoi farlo sul sito Google Cemetery e scoprire app, servizi, hardware e tutto quanto non è più: l’ultima vittima designata è stata Hangouts, l’app di messaggistica introdotta nel 2013.
Blockbuster
“Make it a Blockbuster night”: ce lo ricordiamo davvero tutti anche qui in Italia. Ma perché citiamo Blockbuster in un post che parla di vicende legate al web? Perché il colosso del noleggio di videocassette, dvd e videogame a un certo punto ha incrociato la strada con Netflix, che al tempo faceva noleggio online usando i servizi postali e se la passava così così.
“Saper gestire un’azienda non significa anche avere visione”, c’è scritto in questo pezzo di Variety che parla della chiusura di Blockbuster derivata dalla sua incapacità di evolvere e da una serie di scelte poco felici, compresa la decisione di non acquistare Netflix all’inizio degli anni 2000 per 50 milioni di dollari.
Oggi Netflix è qui e Blockbuster ha dichiarato bancarotta nel 2010 dopo una serie di scelte infelici: com’è ovvio, non c’è nessuna certezza su cosa sarebbe stato di entrambe le società se si fossero unite, ma quell’occasione mancata sa molto di condanna definitiva alla fine di Blockbuster.
Splinder
Se hai avuto un blog tra dieci e quindici anni fa, probabilmente pubblicavi su Splinder, un’idea tutta italiana nata nel 2001 e diventata un successo reale con quattrocentomila blog ospitati nel 2008.
Poi sono arrivati WordPress.com e Blogspot (ora Blogger) e la storia è nota. Tanti blog nati su Splinder continuano a vivere su altre piattaforme o sono diventati parte di siti personali e tramandano in qualche modo il ricordo di un periodo davvero di fermento per la scrittura online.
Come dice il nostro Luigi: “La speranza è che storie come quella di Splinder producano nuove storie che possano renderci partecipi di un progetto e orgogliosi di un’iniziativa Made in Italy”.
MSN Messenger di Windows
Slack? Skype? La chat su Facebook? Una volta il re della messaggistica istantanea era MSN Messenger, vissuto tra il 1999 e il 2005, poi diventato Windows Live Messenger e rimasto in vita fino al 2012.
La messaggistica istantanea oggi si chiama Skype. Microsoft ha acquisito Skype nel 2011, ha iniziato a consentirvi l’accesso anche tramite gli account Microsoft e poi nel 2013 ha chiuso progressivamente il suo servizio lasciando vivere il sempre utilizzatissimo Skype che oggi è una suite utile per chiamate e videochiamate e ha anche una versione Business.
MySpace
Notizia per chi lo avesse perso di vista: MySpace esiste ancora ma certo non è più il MySpace che tra il 2005 e il 2008 era uno dei posti sul web in cui bisognava esserci, forse il primo social network focalizzato sulla musica e dal successo planetario che ha dato anche notorietà a qualche star come Nicki Minaj.
Utilizzato come pagina web personale e blog, modificabile grazie all’uso dell’HTML, MySpace ha iniziato a perdere colpi proprio mentre nasceva Facebook: tra concorrenza, errori manageriali e di sviluppo, dal 2008 in poi MySpace ha iniziato a perdere audience fino a scomparire dietro al successo di Facebook e YouTube.
Nel 2013 è stato rilanciato dalla nuova società che vede tra i proprietari anche la pop star Justin Timberlake e rimane una piattaforma essenzialmente concentrata sulla musica ma che dà spazio a qualunque creativo, insieme alla possibilità di collegarsi con altri iscritti.
Second Life
Quando “virtuale” era la parola da usare ovunque. Essere su Second Life non significava solo crearsi un avatar e aggirarsi nel mondo creato dai Linden Lab: dal 2003 al 2009 circa, questo spazio in cui si ridefiniva giorno dopo giorno il concetto di role-playing – i proprietari di Second Life ci tenevano a distinguerlo da un videogame – fu anche al centro dell’attenzione di aziende che provarono a far crescere il loro business anche al suo interno, quasi sempre senza successo, a dimostrazione che “esserci” non è condizione sufficiente per attirare l’attenzione di eventuali clienti.
Che cosa fosse davvero Second Life è forse difficile da stabilire: una moda, senza dubbio un mondo affascinante, forse niente di più? In ogni caso Second Life esiste ancora, basta scegliere tra avatar “Classico”, ” Vampiri” e “Persone” e partire alla scoperta del suo mondo virtuale.
Vine
Video brevi a rotazione? Se il pensiero corre alle Stories di Instagram, a Snapchat ma soprattutto a TikTok, bisogna tornare un po’ indietro e ripescare Vine, nato nel 2012, acquistato da Twitter nel 2013 e in breve grande fenomeno con i suoi video da sei secondi. Vine è stato chiuso nel 2017 e messo in modalità archivio per gli utenti registrati che volevano recuperare i loro video.
Se sei curioso di vedere Vine in azione, ecco l’account di EhBee.tv una famiglia poi diventata molto famosa anche su altre piattaforme.
FriendFeed
Un servizio web – ma potremmo anche chiamarlo social network – molto amato, utile per aggregare news provenienti da altri social network e siti e luogo di discussione e aggregazione tra gli iscritti.
Creato nel 2007 da un ex dipendente di Google, FriendFeed è vissuto fino al 2009, quando Facebook ha deciso di comprarlo e ha fatto sue, con gran successo, alcune caratteristiche tipiche come la possibilità di mettere “like” a un post, fotografia o altro contenuto, una feature introdotta proprio nel 2009.
Volunia
Finiamo il post con un esperimento italiano. Volunia, motore di ricerca made in Italy inventato dal matematico Massimo Marchiori, sembrava destinato a ridefinire lo standard della ricerca sul web. Annunciato verso la fine del 2011 e lanciato in beta nel 2012, Volunia è vissuto solo fino al 2014 insieme al suo cuore chiamato Hyper Search.
Quel che rimane di Volunia è scritto su volunia.com, con la promessa di rendere il progetto open-source per chiunque abbia voglia di misurarsi con il suo algoritmo e il suo codice.